"Preboggion" vuol dire, in termine dialettale, erbe da cuocere. Una leggenda strampalata, quanto infondata filologicamente, attribuisce invece il nome di questa povera minestra a goffredo di buglione che l'avrebbe distribuita come rancio ai suoi crociati. Tra gli ingredienti, le cuciniere (ratti e rossi) indicano le bietole, il cavolo nero (il cappuccio) e il prezzemolo come componenti fissi. Questa ipotesi va bene, almeno in parte, per le minestre. Invece, per i "pansotti" la tradizione del tigullio vuole le "sette erbe selvatiche" da cogliere la mattina sui cigli dei sentieri, sulle prode e lungo le fasce tra i muretti a secco. Ecco le erbe di cui siamo "quasi" sicuri: cicerbita, talegua, pimpinella, dente di cane, borragine. Con la bietola e il prezzemolo (evitare il cavolo) siamo a sette. E' difficile, però, trovare oggi le erbe più rare. Quindi occorrerà accontentarsi. Lessare le erbe in acqua salata (molto scarsa). Quindi tritarle finemente e passarle al tegame con un battuto di olio, aglio e un pizzico di maggiorana. Quando il preparato è tiepido, aggiungere le due uova e il formaggio, lavorando con un mestolo di legno sino a ottenere un impasto ben compatto. La pasta si prepara impastando 400 gr di farina bianca con poca acqua e un poco di vino bianco. I "pansotti" si possono preparare a triangolo equilatero oppure come grossi tortelli. Cuocerli in acqua salata, scolarli e condirli con la salsa di noci (vedi ricetta: "tocco de noxe").
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